Friday, June 14, 2013

Me la tiro un po'...


Stamattina al risveglio scopro che la mia amica Gianna ha scattato questa foto di un articolo apparso sulla rivista dell' AVIS - Associazione Volontari Italiani Sangue. E' un articolo che, su sua richiesta, le mandai qualche mese fa. Siccome non è leggibile, lo riporto qui sotto.


Sono due le categorie degli espatriati: quelli che non l’hanno cercato e in fondo non l’hanno davvero voluto, e quelli che l’hanno davvero voluto.
I primi faticheranno per sempre ad adattarsi al nuovo paese e troveranno sempre il lato negativo della loro vita. Non si ambienteranno mai. Ovunque vadano. Staranno bene solo a casa propria.
I secondi invece riusciranno sempre a vedere il bello di ogni luogo in cui andranno. E riusciranno a vedere un lato positivo anche in ciò che è contrario al loro credo. Ovunque li manderanno, troveranno sempre il bene, senza però mai dimenticare le proprie radici.
Fra quali siamo noi? Mah... a voi la risposta dopo aver letto questo racconto.

Quando ti trovi davanti ad un’offerta come quella di passare i prossimi due anni della tua vita in un altro paese, un altro continente, il primo pensiero che hai è: Come reagiranno i miei figli? Ce la faranno? Si adatteranno?
Errore.
Il primo pensiero dovrebbe essere: come reagirò IO? Ce la farò? Mi adatterò? Quando qualcuno mi dice: “vorrei tanto trasferirmi anche io ma aspetto che i miei figli crescano”. Allora sai che quelle persone non si sposteranno MAI.
Sì, perché i figli saranno sicuramente coloro che avranno più facilità ad adattarsi, ad ambientarsi. Al nuovo ambiente, alla nuova cultura e alla nuova lingua. E più piccoli sono, più è facile. Dopo i 13-14 anni... la vedo difficile perché cominciano ad avere amicizie (amori?) importanti che non vorranno abbandonare e reagiranno male. E vi daranno contro; vi ostacoleranno.
Il problema l’avrai TU, adulto! Sarai tu che avrai più problemi ad affrontare momenti di nostalgia, di sconforto. La lingua sarà a volte un ostacolo. Ma lo farai. Continuerai a lottare perché vedrai ogni giorno i tuoi figli entrare in casa felici, profondamente sereni. E allora saprai, avrai l’assoluta certezza di aver fatto la cosa giusta. E noi mamme sappiamo bene quanto la felicità dei nostri figli conti più di ogni altra cosa. Passiamo sopra alla nostalgia, alla solitudine perché il nostro cuore si commuove davanti a tanta serenità.
Poi un giorno tuo figlio arriva a casa e ti dice “Mamma, dopo 5 anni d’inferno (quelli nella scuola italiana, n.d.a.) finalmente il Paradiso”. E te lo dice dal profondo del cuore. E che fai? Lo abbracci.
E ogni sera, seduti intorno ad una tavola, loro ti raccontano la giornata a scuola, ti raccontano di quel professore eccezionale che trasmette passione per la materia, ti raccontano dei complimenti che il Preside fa loro... e vai avanti. E smetti di angosciarti ogni volta che tua mamma piange al telefono perché le manchi, o quando l’amica ti rimprovera di non esserle accanto nel momento del bisogno.

E’ così che questa strana famiglia eporediese, ma bollatese d’adozione, sta affrontando questa magnifica avventura cominciata nell’estate del 2011.
Arrivati a fine Giugno in un’anonima cittadina del Wisconsin che si affaccia sulle rive del Lago Michigan. Un lago enorme che, se non fosse per l’acqua dolce, ti fa credere di essere al mare con tanto di spiagge. Abbiamo affrontato la prima estate come fossimo in vacanza ma con un occhio vigile sulle scuole locali, sulla comunità, sulle case. E poi abbiamo affrontato il primo anno scolastico qui con un figlio in prima media e una figlia in quarta elementare. In una scuola pubblica con la garanzia di un tutoring per aiutarli con le difficoltà della lingua. Quando siamo arrivati qui il loro vocabolario inglese si limitava ai colori, ai numeri, e a quelle poche frasi di circostanza. Ora, dopo un anno e mezzo, sono perfettamente in grado di fare conversazione, seguire tutta la lezione in americano, ascoltare le canzoni, comprendere i film senza bisogno di sottotitoli. E ne sanno ormai più di noi adulti, anzi, spesso sono loro che ci aiutano a sbrigarcela nelle conversazioni con i locali.
Dicevo, abbiamo affrontato il primo anno scolastico non senza difficoltà, che però, dopo i primi 5 mesi, si sono andati dissolvendo. E ora, a metà del secondo anno scolastico americano, riceviamo le pagelle ed esultiamo scoprendo che sono anche più bravi di tanti loro compagni che parlano la lingua da quando sono nati. E così noi genitori ci vestiamo del nostro orgoglio e li portiamo su un palmo di mano come esempio da seguire.

Com’è invece per gli adulti?
Gli adulti hanno altri pensieri. Gli adulti si devono destreggiare nella ricerca di una casa da affittare cercando di capire e affrontare le diverse leggi. Devono cercare la migliore opzione per aprire un conto corrente. Devono imparare a fare la dichiarazione dei redditi. Devono inserirsi, in qualche modo, nella locale comunità costituita in gran parte di italo-americani... no, calabro-americani che hanno lasciato il loro paesello almeno 40 anni fa o più e che conservano l’antico ricordo della loro Italia, e noi dobbiamo far accettare loro che le cose sono decisamente cambiate! E ci accolgono in casa loro a braccia aperte condividendo con noi i loro beni, in attesa dei nostri racconti. Ma bisogna andarci cauti, non possiamo infrangere il loro ricordi e sbriciolarglieli così come castelli di sabbia. Bisogna raccontar loro i cambiamenti con un conta gocce perché sono come bambini davanti ai loro ricordi. E ti fanno vedere i loro cimeli, i ricordi di famiglia con cui si sono riempiti casa. E allora capisci che arriva un giorno in cui ti attacchi a qualsiasi oggetto che ti riporta al tuo passato di bambino, che ti riporta a “casa” pur non avendo alcun desiderio di tornare là. Sai. Lo sai che è questa ormai casa tua (e lo speri ardentemente) ma non vuoi staccarti dalla tua storia, dalle tue radici. Perché noi Italiani, in fondo, siamo MOLTO attaccati alla nostra terra: desideriamo tanto andarcene, abbandonarla, tradirla. E quando sei lontano ti senti più affezionato alla tua terra di quando ci eri sopra. Siamo noi Italiani all’estero che amiamo di più il nostro paese e che, vedendolo sgretolarsi, soffriamo impotenti. Ma non c’è nulla da fare: nessuno dei nostri amici riesce a capire questi nostri sentimenti. Non capiscono il nostro dolore. Pensano che siamo solo fuggiti verso una vita più semplice, abbiamo tirato i remi in barca e smesso di lottare. Non sai. Non puoi sapere cosa davvero significa vivere lontano finché non lo provi. E allora capirai.
Per noi adulti è difficile, dura, dolorosa. Ma lo facciamo perché amiamo i nostri figli e perché, una volta che lascia la tua terra, ti rendi conto di essere cittadino del mondo. Ti accorgi che, se un giorno quest’avventura dovesse volgere al termine, non sarai più in grado di adattarti al tuo paese perché ti starà stretto.  E ti deprime di più il pensiero del rientro che non quello della nostalgia.

Renata Serracchioli
ita2usa.blogspot.com
Contemporaneamente Silvia, del blog A piccoli passi pubblica questa intervista: Intervista a Renata di Iridi a Stelle e Strisce (USA).

Prometto: smetto di tirarmela per un po'... ma lasciatemi gongolare, almeno oggi!!!

13 comments:

  1. Aggiungere un qualsiasi commento sarebbe inappropriato perchè quello che hai scritto è di una bellezza e di una chiarezza che aggiungere una sola virgola significherebbe sporcare l'intero articolo. I tuoi scritti fanno capire benissimo il vostro vivere come sospesi tra due mondi, ma quello che avete scelto è senza ombra di dubbio il migliore.
    Chi non capisce il vostro stato d'animo, ha il tipico torpore mentale italiota.
    Mio personale pensiero.

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  2. Replies
    1. No dai! Io non mi rileggo mai poi capita, come nel caso di questo articolo, che rileggendolo mi stupisca delle mie stesse parole!!!

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  3. FANTASTICO!!! non avrei saputo scrivere meglio. Noi siamo rientrate appena in italia per le vacanze, in Kuwait ora è impossibile stare, e abbiamo tutti i tuoi stessi sentimenti!
    Nei riguardi degli expat ci sono quelli che pensano che sei sempre in vacanza e quelli che pensano che sei un eroina. E io non mi sento catalogabile così.
    Io dico sempre che siamo solo consapevoli della situazione che viviamo e campionesse del "bicchiere sempre mezzo pieno". Perchè non è facile, anzi spesso è durissima, ma resta una grandissima chance per tutti. Figli in primis.
    brava brava

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  4. Mi piace tantissimo il tuo modo di scrivere. Forse dovresti pensare a scrivere un libro che racconta queste vostre avventure, io lo legfgerei volentieri, come leggo volentieri il tuo blog. Complimenti per tutto e non ho bisogno di dirti che la penso come te...

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    1. Chi dice che non lo stia già facendo??? Tanto non lo pubblicherà mai nessuno ma... UN SOGNO E' UN SOGNO!!!

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    2. Renata, esiste il self publishing ;-) Magari può fare per te, chissà mai.... Bacioni!

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  5. Bellissimo articolo. Mi auguro che tutti gli italiani che apprezzano la tua esperienza all'estero, riescano a guardare con occhi diversi le numerose famiglie di stranieri presenti in Italia.

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  6. Bellissimo articolo, completo di tutto, piacevole. Aspettiamo un libro? Io lo aspetto. Lo stile è frizzante, dinamico, colto e....un sogno ha il diritto di uscir fuori dal cassetto!

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  7. quando hai il libro pronto dimmelo, qui a San Giorgio c'è una casa editrice che secondo me lo pubblicherebbe volentieri ..... cerca atenedelcanavese.it
    scrivilo che poi ti aiuto a distribuirlo ;o)

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