Tuesday, February 14, 2012

Sul perché e sul percome...

Qualcuno mi chiede "Perché questo trasferimento?"
Certo, uno guarda alla condizione italiana attuale e dice: Be', è ovvio, non ce la facevate più.
No, non è esatto. Io l'ho sempre sognato, o almeno fin da quando avevo 8 o 9 anni. Ne sono certa. Prima? Non lo ricordo, abbiate pietà, la memoria è quella che è!
E lungo la mia strada ho incontrato un compagno di vita con cui condividere questo sogno. Ed è arrivata l'occasione. Semplicemente questo. C'era l'opportunità e l'abbiamo afferrata prima che volasse via. Sì, perché è già successo che scappasse!
Che poi l'attuale situazione italiana sia tale da non farci avere nemmeno un "cicinin" di rimorso, questo è veramente solo un caso! E sicuramente contribuisce all'invidia generale dei nostri amici che sono rimasti nella terra natìa.

"Che percorso avete fatto?"
Percorso? Oddio... quale percorso? Da casa nostra all'aeroporto e dall'aeroporto a qui... semplicemente. Non c'è stato altro! Una volta qui abbiamo cercato la scuola e poi casa. Stop.

"Che ragionamenti avete fatto per arrivare alla decisione di fare questo passo?"
Io ero già disoccupata da 2 anni; i figli erano ancora nel margine di età giusta. Un paio d'anni e portare via il figlio grande sarebbe stato più "complesso"! Venendo qui offriamo sicuramente ai nostri figli un'opportunità per la quale in futuro ci ringrazieranno. E già lo fanno senza però rendersi bene conto quanto sia importante questo genere di esperienze.

"Come è stato possibile realizzarlo?"
Non l'abbiamo di fatto realizzato noi. O meglio, ci abbiamo lavorato per qualche anno.
La prima volta avevano dato un'opportunità di lavoro al mio compagno che poi è andata in fumo. Questa volta ce l'abbiamo fatta: gli hanno offerto un lavoro, ha fatto un colloquio via Skype, e quando gli hanno dato l'ok... siam partiti. E non hai tempo di prepararti: si prepara la valigia e si va! Sopportando parecchie vicissitudini, sicuramente, ma NE E' VALSA E NE VARRA' ANCORA LA PENA!

Spero di aver risposto alle curiosità.

Riassumendo, ci sono decisioni che VANNO PRESE E BASTA senza farsi troppe domande, senza porsi troppi quesiti sul come, dove e perché e cosa succederà o come farò. Si fa. Poi piano piano si risolvono tutte le grane che man mano si presentano. Come dicevo ad una ragazza qualche giorno fa: è come quando una coppia decide di avere un figlio. Se si aspetta che i pianeti siano allineati, che le condizioni lavorative siano quelle giuste, che la casa sia quella giusta, che il quartiere sia quello giusto con le scuole migliori, che i nonni siano tutti in piena salute... NESSUNO FAREBBE MAI DEI FIGLI! Invece quando si sente che è il momento giusto SI FA... e ci si mette il tempo che ci si deve mettere. POI, quando si presentano i problemi, le grane o comunque le quotidiane menate, si risolvono. E' inutile preparare la strada prima perché tanto succederà sempre quell'imprevisto che farà saltare tutta la perfetta pianificazione.
Per intraprendere questo tipo di avventura, bisogna essere DINAMICI E FLESSIBILI.

Buona notte!

13 comments:

  1. Ecco...

    Forse c'è da aggiungere una cosa, che appare sfumata nelle tue righe.

    Hai avuto, tuo marito ha avuto, l'opportunità.
    Che, detto in "parole povere", significa che gli è stato offerto un porto di lavoro qualificato per il lavoro che sapeva fare.
    Questo è il passo fondamentale.

    A chi dice "bella storia, come se fosse facile!", io a chi mi chiede come si fa a trasferirsi, rispondo sempre che se non si hanno parenti negli Usa (anche non vicinissimi parenti), "bisogna, con il tempo, creare le condizioni", per trovare un lavoro lì.

    E se il concetto di "creare le condizioni" può sembrare astratto, dico che, in sostanza, è esattamente come se una persona - stanca per varie ragioni di vivere a Palermo, a Vigevano, a Bari, a Roma, a Bassano del Grappa - decidesse di andare a vivere a Milano, Quincinetto, San Martino al Cimino, Rovigo, Ventimiglia.
    Mica parte a la ventura, no? Senza basi o conoscenze...
    Si tratta di conoscere bene il posto dove si vuole andare ad abitare, cercare contatti, CREARSI i contatti, coltivarli, ed essere pronti a fare il salto proponendosi come una "preziosa risorsa".
    Bisogna in sostanza chiedersi: "Perché un datore di lavoro americano dovrebbe scegliere me e non un qualunque cittadino americano?".

    Ed essere "pronti" significa essere pronti a "scattare" ad avere un colloquio via Skype, o ad andare.
    Negli Usa non tergiversano, come in Italia.

    A meno che uno non abbia le risorse economiche per fare un investimento economico negli Usa come aprire una attività o un negozio, anche se si deve tenere conto che la concorrenza c'è ed è seria...
    Allora, in quel caso, le cose cambiano, e la strada è in discesa.

    Detto così appare tutto complicato: ma se il sogno è più forte di tutto...


    d.

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  2. ... noi non siamo ancora partiti, ma "stiamo per..." ... e rientriamo nella categoria di quelli che hanno avuto un'offerta di lavoro (temporaneo, 2 anni) dall'altra parte del mondo (Canada) e han deciso di provare e vivere l'esperienza. Non eravamo di quelli che stavano cercando di fare l'impossibile per vivere un'esperienza di vita all'estero, ... fortunatamente ci è "capitata"!
    Io, di mio, non sono molto dinamica e flessibile per questo genere di cose. Ma questa "preparazione" di esperienza mi sta ricordando che è bene fare un passo alla volta ... senza affannarsi per il poi e per il come.
    Ora partiamo e ci viviamo questa esperienza ... poi si vedrà!

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  3. ho appena scoperto di non essere dinamica e flessibile =)

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  4. Credo di avere stimolato io questo post. Ti ringrazio Mom per averlo scritto. E ringrazio anche Dario e gli altri che hanno detto la loro.
    Semplicemente volevo capire chi prende una decisione del genere e in che situazione.
    Se si tratta di persone che hanno grossi problemi di lavoro, dato che leggo spesso di giovani precari che giustamente non possono più e cercano di cambiare la loro situazione emigrando all'estero.
    Non è il mio caso.Fortunatamente.
    Io ho un lavoro, anche se non da dipendente,mia moglie ha un lavoro, e la nostra situazione quindi non è di difficoltà, ripeto fortunatamente.
    Il problema è che sia io che mia moglie sia nati e cresciuti nella stessa città (Milano), e francamente ci piacerebbe molto fare un'esperienza, magari definitiva, negli Usa o in Canada.
    Inoltre non ci troviamo più in sintonia con molti, troppi, nostri connazionali.
    Insomma l'Italia non ci piace più, ci va stretta. La nascita quasi un anno fa di nostro figlio poi ha accresciuto questa nostra aspirazione perchè crediamo che al di la dell'oceano si possano avere delle prospettive migliori, anche se siamo consapevoli che i problemi ci sono anche li. Ma come dice Dario l'occasione ti deve capitare e francamente penso che non accadrà mai.
    Grazie cmq e a presto

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  5. Eh no, caro!
    Così non devi ragionare.
    Togliti quella cavolo di testa che ci hanno messo sulle spalle fin da bambini (quando ci dicevano di "volare basso"...) e cambia atteggiamento.
    DEVI ESSERE POSITIVO.

    Sarà una sottigliezza lessicale, forse, ma se l'occasione non càpita, puoi provocarne l'accadimento (che termine orribile!).
    Insomma, bisogna cercare di farla capitare, l'occasione.
    Come?
    Cercando contatti, essendo curiosi, conoscendo americani intanto lì, dove ti trovi, a Milano.
    Poi parlare con chi si è già trasferito, mettere i soldi da parte per brevi viaggi frequenti nella città dove si pensa di andare a vivere, e anche lì conoscere gente, crearsi contatti, chiedere consigli (di persona) a chi ha già fatto questa esperienza.
    Negli Usa gli italiani che hanno fatto questo passo, sono assai disponibili!
    E' un po' come dico sempre alle mie amiche che si lamentano di essere senza fidanzato: "certo se ti chiudi in casa, ci sono poche probabilità che un uomo suoni il tuo citofono per chiederti 'Prego, vuoi ballare con me?'."
    Vedrai che ad un certo punto, spunta una strada.
    Talvolta più di una...

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  6. Si è vero tu hai ragione. Il punto è che avendo 42 anni e un buon lavoro in Italia, e soprattutto moglie e figlio, non posso andare all'avventura come un neolaureato, accettare lavori malpagati vivendolo come un'esperienza di vita e cmq un miglioramento dell'inglese.
    Io avrei bisogno di poter dare delle garanzie alla mia famiglia.
    Probabilmente questo significa non avere abbastanza motivazioni.
    Probabilmente se avrò problemi economici o problemi di posto di lavoro ragionerò in maniera molto più risoluta.
    E forse questo mio atteggiamento mi terrà con le chiappe incollate all'Italia x sempre, mentre invece premierà chi avrà più coraggio e un pizzico di incoscienza in più.
    Ne sono consapevole

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    1. Quando siamo partiti avevamo 43 anni e mio marito aveva un ottimo lavoro. Ma.era il nostro sogno e l'abbiamo rincorso con tutti.i rischi annessi!

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  7. Cert Mom, infatti io ti ammiro moltissimo e leggere il tuo blog mi ha emozionato ed esaltato.
    Forse sono acqua a 99 gradi e non vapore, che di gradi ne ha 100 (scusa x la metafora stupida ma la riunione di ieri ha lasciato degli strascichi).
    E' vero che ci si deve dar da fare se si vuole una cosa del genere però se avessi come hanno avuto altri una buona proposta di lavoro sarebbe sicuramente più facile.
    Detto ciò, chi l'offerta l'ha avuta probabilmente ha fatto di tutto perchè succedesse e poi vuol dire che se la merita.
    E io Mom, nel vedere le vostre foto e leggere della vostra vita in Usa sono,veramente, felice per voi, che siete una bella famiglia e meritate di vivere in un posto mogliore dell'Italia.
    A presto

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  8. Sono così d'accordo con te... Dario conosce la nostra storia, aperto azienda qui, sogno di una vita di venire di qua e l'abbiamo fatto: non è facile ma ci si rimbocca le maniche e ci si da da fare!!! Bisogna comunque pensare positivo!!
    Saluti,
    Lorena

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